del fare altrimenti


in questa area
i temi del rapporto 
teoria/pratica..fare/agire..programmi/progetti, prodotti/servizi
tra storia ed epistemologia, culture organizzative e ideologia manageriale, 
cronache dei servizi e incultura di servizio,
tra economie e politiche



                                                              
soglia prima


febbraio- maggio  2012








 saturi di soluzioni, 
 orfani di problemi         



per fare a meno delle soluzioni

parole soglia:   progetto - utopia

Nei servizi alla persona e nella comunità, come peraltro nella pubblica amministrazione, alla crescente complessità dei problemi da affrontare corrisponde troppo spesso una progressiva banalizzazione delle pratiche, risolte in abitudini di pensiero e consuetudini di discorso, orfane di curiosità e fiducia, quanto sature di pregiudizio e rassegnazione
Sembrano mancare soprattutto la cultura ed il piacere del progetto
Il progetto dovrebbe essere l’unità di misura del lavoro sociale intorno al quale catalizzare le pratiche collettive, mediate dalla fantasia e dall’intrapresa personale
Il progetto non è certo di per sé la soluzione di alcun problema,ma può essere un’ alternativa alla deriva burocratica o tecnocratica
I nostri servizi sono già saturi di presuntuose e pretestuose ‘soluzioni’ indifferenti ai problemi reali, e questo perché considerano problemi solo quelli per i quali hanno già pronte le soluzioni (criteri d’inclusione e di esclusione sono ad esempio congruità e compatibilità della domanda o del bisogno, piuttosto che competenza o meno a rispondervi), per cui si tende a trovare solo quello che si cerca ed a cercare solo quello che si è abituati a trovare
I problemi reali invece sono proprio quelli per i quali non abbiamo soluzioni pronte:
‘concepire in modo chiaro i problemi insolubili nella loro insolubilità’ (s.weil) è la dimensione quotidiana di chi lavora con l’esistenza-sofferenza dell’Altro e non si rassegna alla confortevole inerzia dell’ovvio
La necessità e la volontà di un progetto scaturiscono allora dalla scelta di non ricondurre la complessità dell’esperienza umana, anche della più estrema e stremata, al repertorio logoro di risposte sempre uguali a sé stesse
Il progetto è questa invenzione di un frammento possibile che ricombina frammenti noti di realtà per creare nuovi mondi
Un bricolage per dare a materiali usati e perfino abusati funzioni non previste e forme sconosciute
Per concepire e realizzare un progetto necessita però un tanto di utopia, quella concreta, che non sia qualcosa che non è possibile perché non è mai stato, ma anzi qualcos’altro, che proprio perché non è ancora stato, è tuttora possibile
A quel cantiere di soglie permanenti che abbiamo aperto ormai quattro anni fa corrisponde un progetto esigente, alimentato da un’utopia ambiziosa: 
- il progetto di una comunità diffusa di pratiche, competente e consapevole dei propri problemi e dei propri diritti e fra questi del diritto alla salute, magari ‘mentale’ dal momento che non si dà salute senza salute mentale e viceversa
- l’utopia, concreta, che di questa comunità di pratiche siano protagonisti i soggetti cosiddetti deboli, attori finalmente di uno scambio  autentico di opportunità e risorse, che garantisca l’interesse dei singoli, di tutti e di ciascuno, attraverso percorsi sociali di libertà e responsabilità
E la scoperta della libertà di certo è un punto di non ritorno per chi ne assume appieno la responsabilità 
   
                                                                                  chipera

1 commento:

  1. Unità di misura del lavoro sociale, ormai utopia quasi anacronistica nei nostri servizi di cura, è la "relazione", oggi inabissata dalle logiche della quantofrenia schizofrenica e dalle logiche di mercato, nè problema nè soluzione ma in sè "vita" che non riesce a risolversi in abitudini di pensiero o consuetudini di discorso. Oggi i servizi sono "liquidi" nel senso baumaniano del termine perchè hanno ridotto i loro utenti a numeri (a dispetto del principio della centralità della persona e del miglioramento della qualità del servizio), hanno ridotto i loro operatori a puri contabili costretti alla precarietà (di lavoro, di senso, di relazione) ed hanno svuotato di senso la relazione utente/operatore: non c'è tempo, le risorse sono scarse, i disagiati aumentano e nella foga di contarli non possiamo permetterci di vivere con i loro occhi e nella loro pelle valorizzando la differenza ma siamo costretti a standardizzarli per renderli controllabili.
    La relazione con l'altro è oggi la grande sfida e la vera utopia dei nostri servizi: non riconosciuta come problema perchè non esiste una soluzione o allontanata dal pensiero globalizzato per la sua insolubilità?

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